VITA (35) ITALIA (24) TALENTO (22) SONG (20) RIVOLUZIONE (17) BOOK (14) LE PAGINE MIGLIORI (10) POESIA (10) TRIP (10) PERSONAL (9) BOTTEGA DI NARRAZIONE (6) LEZIONI d'ITALIA (5) READING (4) J (3)

31 marzo 2010

Tanto paga Pantalone


OGNI MATTINA, DA DESTRISTI MA ANCHE DA SINISTRI E CENTRISTI,
POTRESTI RICEVERE IMPORTANTISSIMI PROGRAMMI ELETTORALI ...
PRO RIMBORSI ELETTORALI

29 marzo 2010

ITALIANIIIII

Essere o apparire? L'italiano non vuole sapere troppo su di sé. Nel caso sia costretto a guardarsi allo specchio, nega la propria immagine e attribuisce agli altri i suoi vizi, le sue debolezze. Si inventa un mondo di cui è prigioniero, ma di cui possiede le chiavi. Un canarino in gabbia, abituato a non volare, con il terrore di uscire dalla sua piccola prigione.

Odia essere messo di fronte alle sue responsabilità. Ama chi le prende al suo posto. E' un puro, non si occupa di politica, la subisce. E' onesto, non denuncia chi viola la legge perché non è suo compito. E' rassegnato all'immutabilità del mondo, che non ama. Vive giorno dopo giorno, o forse è meglio dire alla giornata. Gli eroi gli danno l'orticaria, sono un modello che lo mette in imbarazzo. Preferisce chi è peggio di lui (lo fa sentire meglio) e lo nomina suo riferimento, presidente del Consiglio, segretario di partito, giornalista. Il suo ritratto è il più grande nemico. Passa la vita ad evitare il confronto, che, lui sa, potrebbe essere mortale.

"Prese la lampada sulla tavola e salì cautamente le scale. Mentre apriva la porta, un sorriso di gioia gli sfiorò il viso stranamente giovane e indugiò un attimo sulle labbra... Gli parve che il peso gli fosse già stato tolto di dosso. Entrò tranquillamente, chiuse la porta alle sue spalle, come era solito fare, e tolse il panno cremisi dal ritratto. Un grido di dolore e di indignazione gli sfuggì dalle labbra. Non riusciva a scorgere nessun cambiamento, se non negli occhi che avevano assunto un'espressione scaltra e nella bocca sulla quale erano apparse le rughe dell'ipocrisia. La cosa era sempre disgustosa - più ripugnante di prima, se possibile..." (Il ritratto di Dorian Gray, di Oscar Wilde).

L'opinione che ha di sé stesso, anche se lui per primo sa essere falsa, è la cosa più importante che possiede. Lo tiene in vita, gli evita confronti dolorosi. La sua esistenza è un gioco a nascondino, di "vorrei ma non posso", di "è una cosa più grande di me", di "qualcuno ci penserà". E' un egoista inconsapevole, non sa di esserlo e forse non vuole esserlo.

Vive nella paura della luce del giorno, della consapevolezza di quello che potrebbe essere, ma non è.

preso da qui

 

 

 

 

26 marzo 2010

non si può scegliere un sogno non si può scegliere

TEMPORALE – Jovanotti - Safari

 

Gli occhi non sanno vedere quello che il cuore vede La mente non può sapere quello che il cuore sa \ L'orecchio non può sentire quello che il cuore sente \ Le mani non sanno dare quello che il cuore da \ C'è un temporale in arrivo \ C'è un temporale in arrivo senti l'elettricità \ C'è un temporale in arriuvo sulla mia città \ Porta novità porta novità \ Il lupo perde il pelo io perdo le occasioni \ Ma non so perdere il vizio delle emozioni \ La vita è più interessante delle definizioni \ E tutto quello che arriva da qualche parte va \ Gerusalemme è divisa sotto ad un solo cielo \ E la mia mente è divisa dentro ad un corpo solo \ Un meridiano per forza incrocia un parallelo \ Determinando la sorte di molta umanità \ E tutto quello che sappiamo non è vero \ E tutto quello che sappiamo non è vero \ Si perdono le origini nel buco del tempo \ Ma tutto si conserva nelle profondità \Sia l'elefante che il topo non avranno scampo \ La legge della savana li governerà \Non si può scegliere un sogno non si può scegliere \Quando ti arriva ti arriva non c'è niente da fare \Le previsioni del tempo si posson prevedere \ Ma un temporale che arriva non lo puoi fermare \ Si danza per invocare la fertilità \ Si danza prima del sesso o di un combattimento \ Si danza per riscaldarsi dal freddo che fa \Si danza per imitare il lavoro del vento \Quando non so dove sono io mi sento a casa \ Quando non so con chi sono mi sento in compagnia \ Quando c'è troppa virtù il cuore mi si intasa \ La cura è spesso nascosta dentro alla malattia \C'è un temporale in arrivo \ C'è un temporale in arrivo senti l'elettricità \ C'è un temporale in arrivo sulla mia città \ Porta novità porta novità \Quando tu hai fame nessuno può mangiare per te \ Quando io ho sete nessuno può bere al posto mio \ Anche gli automi hanno un cuore di alluminio puro \Pronto per farci passare l'amore del futuro \ Abramo lascia la casa senza sapere niente  \Si mette in strada lasciando quel che sapeva già \ E il trapezista si gioca tutto continuamente \ Per pochi soldi ed per un brivido di libertà \ L'autista di scuolabus ha in mano la nazione \ Più di un ministro di un Papa o di un'autorità \ E c'è una terra di mezzo tra il torto e la ragione \La maggior parte del mondo la puoi trovare là \ Lavori in corso ci dispiace per l'inconveniente \ Hanno scoperto una casa dell'antichità \ Due scheletri abbracciati qualche osso poco o niente \ Ma il loro bacio va avanti per l'eternità \ C'è un temporale in arrivo \ C'è un temporale in arrivo senti l'elettricità \ C'è un temporale in arrivo sulla mia città \ Porta novità porta novità \ L'antico impero cinese accolse Marco Polo \ Perchè era un giovane mercante di immaginazione \ Non servono grandi ali per spiccare il volo \ La vita è molto più vasta di una definizione \ E stanno tutti aspettando che succeda qualcosa \ Che tolga il velo di polvere dalla realtà \E stanno tutti aspettando che arrivi la sposa \ Coi fiori in mano e una promessa di felicità \ Problemi di digestione ispirano romanzi \ Rivelazioni che nascono nell'acidità \Un pò di bicarbonato dopo certi pranzi \ Si eviterebbe lo scontro delle civiltà  \ Gli uccelli volano bassi e sfiorano l'asfalto \E i cani stanno in silenzio con aria d'attesa  \La foto sulla parete mi segue con lo sguardo \ Nessun allarme per ora nessuna sorpresa \ C'è un temporale in arrivo \ C'è un temporale in arrivo senti l'elettricità \C'è un temporale in arrivo sulla mia città \ Porta novità porta novità \ E l'invincibile non è quello che vince sempre \ Ma quello che anche se perde non è vinto mai \ L'intelligenza è nel corpo il sapere nel cuore \ Se pensi sempre ad un muro un muro troverai \ Mi son trovato memorie che non sono mie \Ho un solo nome ma almeno cento identità \ E' naturale preferire le belle bugie \ Alla durezza di ghiaccio di certe verità \Viviamo comodi dentro alle nostre virgolette \ Ma il mondo è molto più grande più grande di così \Se uno ha imparato a contare fino a sette \ Vuol mica dire che l'otto non possa esserci \Senti l'elettricità senti l'elettricità \ C'è un temporale in arrivo \ Porta novità porta novità

 

 

 

 

Autobio of a dream - backup

The Ocean is our highway to freedom. Surf City Hostel - Hermosa Beach CA

17 marzo 2010

Parole disarmate

Son deboli adesso le parole che una dopo l'altra, in questi anni di ombra, abbiamo incautamente logorato: sdrucite dalle scuse banali con cui abbiamo giustificato ogni vile assenza; sminuite dai tentativi autoportanti di nascondere gli smottamenti della scala-priorità che tutto hanno travolto, e, alla fine, anche noi, amici d'altri mondi.

Sabato è stato un giorno campale. Lei compiva gli anni. L’ho pensata, ma non l’ho chiamata; mille volte mi sono detto la chiamo più tardi, con calma, ed invece niente. Ora quel sabato è finito, e semberà che io abbia dimenticato lei e il suo compleanno.

Non è così, e non ho una parola buona per dirglielo e farglielo sentire.

Succede, già.

Aver cura della parole si dovrebbe, sempre; tener da conto le preziose, utili, amiche, insostituibili parole, e ricacciare in gola ogni tentativo di depotenziarle, bisognerebbe solo quello, ALMENO quello; rispettare loro, e lasciar fare al silenzio.

Mai disarmare le parole.

12 marzo 2010

Non vorrei mai perdere un vizio

Traslocare, rilasciare, sloggiare,
firme veloci, tempi voraci,
copie di documenti sepellibili imbucate dentro a cartelline oltraggiate da grafie illeggibili, da conservare e ammucchiare, da lasciare a impolverare su scaffali grigi e flessi al centro, giorno dopo giorno, dietro alle spalle di impiegate sempre più larghe e dalle gonne sempre più corte, veloci a graffettare fotocopie sgranate di fototessere derubate di ogni spicciolo di somiglianza residua;  poi, via.
Ora, ascolta come rimbomba la tua voce nel vuoto d'una stanza che ho abitato a lungo, e mai più abiterò;
raddrizza quella colonna di scatole di cartone a un passo dalla porta, ormai è ben più alta del mio ego, ma meno contorta, ripiena di vita cubica, imballata e da spedire;
per il ritiro ore pasti va bene.
Il tempo di andarsene, il tempo di restare, sottigliezze incomprensibili al mio cervello anarchico, ed al respiro sismico della mia noia ombrosa.
In forma. Vorrei essere almeno in forma. Baciami.
Ho smarrito già altre ricevute di ritorno di speranze che avevamo spedito avanti nel futuro, e che son andate dissipate ormai, e riposano fuori luogo, lontanto dal mio debole senso di colpa. Ne smarrirò di nuove.
Album saturi di colori rubati a momenti preziosi. Assaggia un po'. Cosa è mancato a quel tempo: sale?
Ruotare chiavi, tasche pesanti, campane in lontananza, ma il mio cellulare? C’era un po’ di primavera nel vento, finalmente, oggi. Poi la sera inverna, e gioca la Champions.
Cassetti zeppi di centesimi perduti, vecchi portachiavi e batterie esauste. Cartoline.
Giù le foto, giù i quadri e gli specchi. Quali specchi ? Non ho specchi, a parte la carta bianca su cui scrivo, voglio dire.
Fermo al semaforo rosso ho sognato di poter sistemare i miei difetti di prospettiva con un po' di stucco bianco a presa rapida, ma era solo un sogno, è arrivato il verde, ed io son sempre più sbilenco e trasversale, multi-tasking.
Tinteggiare, tinteggire, eh, eh; tinteggiare, tinteggiare, eh, eh. Mio padre che mi aiuta a fare gli angoli e controlla gli spigoli. Una volta ero io a fare gli angoli.
Restano solo piccoli graffi emozionali su pareti glabre, e qualche ombra dove il colore è meno denso.
Inseguivo le tue gambe su per le scale, era una notte di vento e luna, nella luce soffusa dei tuoi movimenti lucidi: ero felice, sai, tra i tuoi capelli arresi su nuvole di cielo;
ero solo felice, per un attimo, ero solo una cosa e quella cosa era la felicità;
ero felice ed autentico, ed in equilibrio e senza segreti; ma tu già sai.
Lo sarò ancora.
Sotto il cuscino ho ripiegato quel sogno che non t’ho mai raccontato, come un pigiama, per poterlo reindossare: eravamo noi, noi, e poi...
L’ultima lettura al contatore, abbiam speso abbastanza vita qui.
Nuove pareti,
schivo l'imbarazzo di scaffali zeppi di libri affascinanti che non avrei dovuto comprare,
testo le ruote della bici sgonfie dopo l'inverno,
imbraccio la bambina con le corde un po' molli ed ossidate: senti che Sol però, come suona ancora, la maledetta. Dimmi il buon motivo per cui ho smesso di suonarti, dimmelo tu perchè. No, qui non è malaccio, ma c'eravamo promessi altro, mi pare. Stadi pieni, adrenalina, qualche pub, sigarette senza cancro, fuori, nella notte. Fegati intercambiabili nel doppio fondo di notti brave.
Vita che graffiasse. Suona, dai, suonami tu un po', io ci metto le mani.
Più nulla da celare agli occhi curiosi dei vicini.
Si, arrivo, ma tu versa.
Alle nuove stanze e pareti e bollette e speranze, perchè questo è l’anno buono, me lo sento: compro casa, scrivo un libro, e me ne vado in giro per il mondo un annetto. Poi magari mi sposo, cinque o sei pargoli di quelli da galera, opere d'Arte vere, che ci stondano gli angoli e ci spezzano le ali, cacchio.
Bel programma.
Il cliente da lei chiamato non è al momento IRraggiungibile, la preghiamo di non disturbare e provare più tardi.
Chiudi, chiudi, ho io le chiavi.
Nuovi programmi da far fallire.
Non vorrei MAI perdere un vizio.

11 marzo 2010

Onde

Onde pesanti, onde pensanti, onde senza vergogna, onde senza uscita di sicurezza, onde che magari domani torno, onde che invece è meglio lasciare andare, onde senza il tempo di pensare, onde che in fondo alla spiaggia ci arrivo comunque, onde da paura, onde da godere e basta, onde che ci puoi solo rimanere sotto, onde salate fin dentro il gargarozzo, onde lente, onde da condonare,  onde che dopo un po’ di giri ti rimettono al mondo, onde che non capisci nemmeno dov’è il soffitto, onde con una pancia enorme, onde senza vita, onde che crollano con uno sparo, onde che ti accecano luccicando invitanti, onde che proprio non te la senti, onde che non dimentichi mai di aver lasciato andare, onde che solo da solo puoi davvero sentire, onde come un rollio leggero da cullare, onde senza spinta, onde sotto un cielo che non sa dimenticare, onde senza la minima esitazione, onde che rollano chiunque capiti a tiro, onde affollate, onde senza nessuno in giro, onde d’un mare che è stato anche bambino e non perdona, onde che lasciai e che mi fan ancora sentire il loro ruggito, onde da metter da parte e non pensarci più.

Autobiography of a dream - backup

Showtime - superbowl 2010

10 marzo 2010

08 marzo 2010

Il MAESTRO - ELLMORE LEONARD

Mr. Paradise - Ellmore Leonard - Einaudi Tishomingo Blues - Ellmore Leonard - Einaudi
ELL Leonard è un Maestro assoluto.
Bastano poche pagine di uno qualsiasi dei suoi tanti libri per sprofondare dentro al VIZIO, senza scampo, per essere completamente ADDICTED; non delle sue storie o dei personaggi, sbilenchi e doppi, ma del suo STILE, della sua VOCE.
Sembra quasi di sentirlo, mentre si legge, lui che se la ride, seduto al suo tavolo di lavoro, il foglio davanti, mentre cesella, parola dopo parola, pagine che invischiano, catturano con i loro fili invisibili.
Lo sceriffo è in città, e la sa lunga, e tutto fila per il verso giusto, un verso che decide solo lui, perchè lui a dettare la legge, sotto il riflesso d'oro della sua stella a cinque punte.
Non lascia scampo, soprattutto Mr. Paradise.
Lo sceriffo ha la mano veloce, l'orecchio fine, e ritmo, e sadica, beneamata, pazienza.
Non stupisce scoprire che i Fans di EL sono tanti, rumorosi, affezionati.
Pagine coinvolgenti. Veloci, lineari, asciutte; pagine che una dopo l'altra spingono, e che alla fine riescono a guadagnarsi il loro meritato centimetro sulla mensola dei books da RISPETTARE, da frequentare di tanto in tanto. Ripeto, non è la storia, non sono i personaggi, nè l'architettura complessiva dei romanzi, ma come Leonard svela ogni dettaglio, come macina gli eventi, come gestisce i tempi, e come lascia scivolare la trama nella penombra di dialioghi incisivi e ficcanti, introducendo i dettagli su una scena che va poi ad illuminare lentamente, millimetro dopo millimetro, intanto che crea intrecci esplosivi tra moventi e interessi, in un susseguirsi di depistaggi e rivelazioni che trascinano verso l'agognato, ed odiato, finale.
Da non perdere.

02 marzo 2010

Una storia - Come back

Penso a questa storia, J, che è la tua Storia. Che pulsa, cardiaca, in rotazione da mesi. Inspira ed espira silente, mi accompagna fedele per giorni ed all'improvviso mi molla e salpa per il largo, svanisce oltre l'orizzonte, laciandomi sul bagnasciuga, a ferirmi gli occhi d'un confine infinito. La tua storia, che con le sue oscure forze strappa al mistero la magia d'una geometria nuova, d'una carambola imprevedibile, e finalmente torna da me, fuggendo l'oblio, rinvigorita d'una nuova ritrovata coerenza. Così, per mesi, giorno per giorno s'è plasmata la Storia di un bambino quasi senza parole, nè fortuna nè padre, ma forte abbastanza da nascere da una semplice immagine di luce e calore e crescere, all'ombra d'ogni mio giorno, e spingere un po' più in là altre Storie. Spodestarle, scansarle, loro, un gradino più giù, là dove la luminosità infedele della mia attenzione si smorza in penombra, là dove la speranza di riposar su carta diviene chimera. 
Lentamente, s'è fatta d'inchiostro, dove capitava: al suono d'accenti stranieri, alla luce di luoghi che non finiranno mai in nessuna cartolina, su sgabelli traballanti, nel vociare stanco di stazioni rinnovate di fresco tra un giornale noioso ed un biglietto da timbrare, in attimi in cui l'abbaglio d'un lampo sembra luce consistente, e domabile, e definitiva. Ed invece no, non più, e da un po' la tua voce mi rimane intraducibile, Jacob, o peggio, muta, o io sono sordo, e non scrivo di te, nè di Frank, nè degli orizzonti rossi che mi hai condotto ad immaginare, e così rimango al pozzo, a buttar giù il secchio, e a tirar su aria, ed improvvisamente la corda è corta, e non capisco dove s'è ritratta l'acqua che sentivo agitarsi al buio ed ora, invece, è sparita ed io muoio di sete, J. 
Ho paura che come tutte le altre storie prima, prima di te e dei tuoi silenzi, prima di te ed il tuo modo sghembo di amare il cielo, anche la tua si asciughi e scenda nel cuore dello stesso ventre misterioso da cui è affiorata all'improvviso. E finisca per non esser mai d'altri se non mia, e non salga al frutto, si ripieghi e avvizzisca, rimanendo ad affolarmi i pensieri senza trovare più la rotta per il sicuro foglio.
Ma io non voglio, e conto i passi, e ripercorro a ritroso le mie stesse impronte per tornare dov'ero quando stavo con te, e vago per questo tempo perso, pronto anche a togliermi da qui, a partire ancora, subito, senza meta, senza senso, senza direzione, lontano da questo pozzo. Via, alla vecchia maniera, pur di ritrovare spunto e convinzione, sperando di sbloccare qualcosa, di tornare nel flusso, di ritrovare tracce certe di te da seguire, ed aver di nuovo presente, e futuro, e capacità e fiducia, e coerenza e costanza.
Sembravamo ad un passo dal diventare qualcosa, questo brucia.
Che coppia, Jacob, tu che non ti fai più sfiorare, lontano, senza coraggio di rischiare, ed io che ti sento bazzolare di qua e di là da qualche parte indefinita poco oltre la mia portata, e smoccolo e vorrei fumare senza sosta, ora che nemmeno più il maestro mi parla, ora che mi imbroglio in mille dettagli. Che coppia, ripiegati e in trincea, fetali, senza armi, nè mira, a guardarci come occhi, sfinendo lo spazio vuoto che è questo tempo ingombro di pensieri inutili, sciatti,  seduti scomposti, proiettati dentro a schermi balluginanti e indecisi, dentro a orizzonti asfittici e immobili, soli. Ed io ti cerco, sbigottito come davanti ad una chiave che gira nella serratura che ha sempre aperto ma senza aprirla più.
Rileggo appunti di te e della tua storia che non si libera e non mi libera, ma che nemmeno muore, e mi sveglia ancora di notte e di giorno, ma non mi parla, e mi ferisce, rimane all'ombra, iniqua, ostile, e finisce che mi maledico per ogni attimo in cui ho pensato di poter scrivere domani, di poter fare altro, o di avere fatto abbastanza, e vago e mi muovo, in colpa, e dedico attenzioni parziali alle voci di gente che di te non sa nemmeno l'esistenza, e che mi assedia, e millanto speranze credibili, e fingo interessi adorabili, ma dentro di me son sempre in agguato, nell'attesa famelica, agonica, a pregare che domani sia il giorno buono e tutto torni quel che era, e soprattutto che torni tu, Jacob, e finalmente, assieme, riusciremo a raccontare tutta la tua storia e inchiodarla al foglio, anche d'un fiato, anche a costo d'ogni altra rinuncia, una volta per sempre, e poi, saremo liberi, liberi di muoverci in faccia al nostro destino.

01 marzo 2010