VITA (35) ITALIA (24) TALENTO (22) SONG (20) RIVOLUZIONE (17) BOOK (14) LE PAGINE MIGLIORI (10) POESIA (10) TRIP (10) PERSONAL (9) BOTTEGA DI NARRAZIONE (6) LEZIONI d'ITALIA (5) READING (4) J (3)

02 marzo 2010

Una storia - Come back

Penso a questa storia, J, che è la tua Storia. Che pulsa, cardiaca, in rotazione da mesi. Inspira ed espira silente, mi accompagna fedele per giorni ed all'improvviso mi molla e salpa per il largo, svanisce oltre l'orizzonte, laciandomi sul bagnasciuga, a ferirmi gli occhi d'un confine infinito. La tua storia, che con le sue oscure forze strappa al mistero la magia d'una geometria nuova, d'una carambola imprevedibile, e finalmente torna da me, fuggendo l'oblio, rinvigorita d'una nuova ritrovata coerenza. Così, per mesi, giorno per giorno s'è plasmata la Storia di un bambino quasi senza parole, nè fortuna nè padre, ma forte abbastanza da nascere da una semplice immagine di luce e calore e crescere, all'ombra d'ogni mio giorno, e spingere un po' più in là altre Storie. Spodestarle, scansarle, loro, un gradino più giù, là dove la luminosità infedele della mia attenzione si smorza in penombra, là dove la speranza di riposar su carta diviene chimera. 
Lentamente, s'è fatta d'inchiostro, dove capitava: al suono d'accenti stranieri, alla luce di luoghi che non finiranno mai in nessuna cartolina, su sgabelli traballanti, nel vociare stanco di stazioni rinnovate di fresco tra un giornale noioso ed un biglietto da timbrare, in attimi in cui l'abbaglio d'un lampo sembra luce consistente, e domabile, e definitiva. Ed invece no, non più, e da un po' la tua voce mi rimane intraducibile, Jacob, o peggio, muta, o io sono sordo, e non scrivo di te, nè di Frank, nè degli orizzonti rossi che mi hai condotto ad immaginare, e così rimango al pozzo, a buttar giù il secchio, e a tirar su aria, ed improvvisamente la corda è corta, e non capisco dove s'è ritratta l'acqua che sentivo agitarsi al buio ed ora, invece, è sparita ed io muoio di sete, J. 
Ho paura che come tutte le altre storie prima, prima di te e dei tuoi silenzi, prima di te ed il tuo modo sghembo di amare il cielo, anche la tua si asciughi e scenda nel cuore dello stesso ventre misterioso da cui è affiorata all'improvviso. E finisca per non esser mai d'altri se non mia, e non salga al frutto, si ripieghi e avvizzisca, rimanendo ad affolarmi i pensieri senza trovare più la rotta per il sicuro foglio.
Ma io non voglio, e conto i passi, e ripercorro a ritroso le mie stesse impronte per tornare dov'ero quando stavo con te, e vago per questo tempo perso, pronto anche a togliermi da qui, a partire ancora, subito, senza meta, senza senso, senza direzione, lontano da questo pozzo. Via, alla vecchia maniera, pur di ritrovare spunto e convinzione, sperando di sbloccare qualcosa, di tornare nel flusso, di ritrovare tracce certe di te da seguire, ed aver di nuovo presente, e futuro, e capacità e fiducia, e coerenza e costanza.
Sembravamo ad un passo dal diventare qualcosa, questo brucia.
Che coppia, Jacob, tu che non ti fai più sfiorare, lontano, senza coraggio di rischiare, ed io che ti sento bazzolare di qua e di là da qualche parte indefinita poco oltre la mia portata, e smoccolo e vorrei fumare senza sosta, ora che nemmeno più il maestro mi parla, ora che mi imbroglio in mille dettagli. Che coppia, ripiegati e in trincea, fetali, senza armi, nè mira, a guardarci come occhi, sfinendo lo spazio vuoto che è questo tempo ingombro di pensieri inutili, sciatti,  seduti scomposti, proiettati dentro a schermi balluginanti e indecisi, dentro a orizzonti asfittici e immobili, soli. Ed io ti cerco, sbigottito come davanti ad una chiave che gira nella serratura che ha sempre aperto ma senza aprirla più.
Rileggo appunti di te e della tua storia che non si libera e non mi libera, ma che nemmeno muore, e mi sveglia ancora di notte e di giorno, ma non mi parla, e mi ferisce, rimane all'ombra, iniqua, ostile, e finisce che mi maledico per ogni attimo in cui ho pensato di poter scrivere domani, di poter fare altro, o di avere fatto abbastanza, e vago e mi muovo, in colpa, e dedico attenzioni parziali alle voci di gente che di te non sa nemmeno l'esistenza, e che mi assedia, e millanto speranze credibili, e fingo interessi adorabili, ma dentro di me son sempre in agguato, nell'attesa famelica, agonica, a pregare che domani sia il giorno buono e tutto torni quel che era, e soprattutto che torni tu, Jacob, e finalmente, assieme, riusciremo a raccontare tutta la tua storia e inchiodarla al foglio, anche d'un fiato, anche a costo d'ogni altra rinuncia, una volta per sempre, e poi, saremo liberi, liberi di muoverci in faccia al nostro destino.

Nessun commento:

Posta un commento